Cena Medioevale
“Il più antico dei rioni cittadini, riportato ad una sera d'estate di molti anni fa. I costumi, la popolazione, le pietanze su ricette originali dell'epoca, l'ambientazione, l'accurata ricostruzione scenografica, i costumi, per calarsi in un medioevo sanguigno e ferino.”
La Cena Medievale: nasce così nell’ormai lontano 1998, come ricostruzione di convivio di benestanti di una sera d'estate del XVI secolo, per le antiche strade di Campiglia con allestimenti ed eventi che rivivono per raccontare la "storia" attraverso immagini, suoni, profumi e sapori.
E’ la “Cena dei ricchi”, che accolgono ed onorano il Capitano proveniente dalla lontana Florentia giunto a Campiglia solo per riscuotere i tributi dal popolo, in un contesto esterno di assoluta povertà e sfruttamento.
Una serata dove la memoria può pescare nell'immaginario collettivo, restituendo al commensale ed al visitatore la visione di streghe, fate, giocolieri e saltimbanchi, dame e cavalieri che, insieme ad artigiani e vecchi mestieri, contribuiscono a creare un evento nel quale ci si sente avvolti come protagonisti e non come semplici spettatori.
Per anni viene organizzata il 12 Agosto nella cornice suggestiva di Via Gori ma, con la nascita di Apritiborgo (evento di grande richiamo della durata di 5 giorni dall’11 al 15 Agosto) viene anticipata di qualche giorno al 9 Agosto,.
Nel 2009 la cena si sposta nello scenario unico della Rocca di Campiglia, appena ristrutturata. La suggestiva cornice e le dimensioni della location impongono al comitato organizzatore di ampliare l’evento a qualcosa che non fosse più ristretto ai soli commensali.
Anno dopo anno si viene così a creare un vero e proprio villaggio medievale con il caratteristico mercatino di artigiani e mestieranti, i bivacchi dei cavalieri di San Fiorenzo, degli arcieri del Drago e gli spettacoli a tema che, un po’ in punta di piedi, si riescono a vedere anche dall’esterno del convivio.
Ed è in questo contesto che l’aspetto rievocativo della cena ristretta alle poche famiglie agiate ed al Capitano di Florentia assume un valore ancora più importante con il popolino affamato all’esterno, con le streghe, i barboni, i vagabondi o i semplici poveracci alla ricerca disperata di un tozzo di pane duro che tentano di entrare ma vengono puntualmente respinti dagli armigeri del Capitano, alteri nelle loro armature pesanti.
Quest’anno la cena è ritornata protagonista, dopo diversi anni, all’interno del centro storico, per l’esattezza in Piazza Mazzini, mentre tutto all’esterno, dalle vie adiacenti fin su in Piazza della Repubblica ed in Piazza del Mercato, il paese che si veste del “tempo che fu”: I poveri all’esterno ed I ricchi ad onorare il Capitano all’interno in questo contesto assume la sua massima espressione.
C’è chi preferiva la location di Via Gori perchè originale e tradizionale, chi lo scenario unico della Rocca, chi invece ha apprezzato in particolar modo il ritorno nel centro storico per il coinvolgimento ed il fervore caratteristico del “centro della scena”, ma il fascino che si respira partecipandovi o semplicemente venendo a curiosare e magari cenando per strada col cucchiaio di legno, resta da sempre un’esperienza unica.
Dal rituale della cena:
Il rituale de lo pasto medievale volea esser governato in primis da obblighi morali et poi da obblighi materiali.
Nianche a lo tavolo de li messeri più importanti li convitati avean una scudella per ognuno ma usavan spesso condividerla cum lo compagno de tavolo, anche se esso sconosciuto.
Da lo momento che la maggior parte de lo cibo venia preso cum le mane era bona abitude lavarsi a convenienza le mane stesime.
Pe le suppe et li brodetti poi, una mestola servia per pescare ne la ciotola cumdivisa cum lo vicino de tavolo.
Cortesia volea che una parte de le carni venisse offerta a lo compagno de tagliere, in particular se essa fusse femmena che si credea non fosse padrona de l'arte de lo taglio.
I pezzi de la carne venian portati a la bocca cum la mano ché ancor non si conoscea in uso la forchetta.
Pe la maggior parte de lo tempo, li convitati, soleano pulir le loro dita unte ne la tovaglia.
Cattiva regula era succhiare ingerendo li brodetti, et ne lo medesimo modo non si potea sputare a lato de la tavola et pulirsi lo naso a la tovaglia.
Bona regula, invece, era che si asciugasse la bocca semper pria de bere, che non si facesse rumore ne lo sorbire, bevendo in modo lento et a piccoli sorsi rumoreggiando liberamente a fine bevuta a mo di gusto pe lo gaudio de le proprie viscera
Ne lo rispecto de la temperantia l'inebriante vino solea esser bevuto cum moderatione et semper cum acqua.
Campiglia 9 agosto
Sfilata storica e Palio dei Rioni
Dal tradizionale discorso dell’araldo:
"… Tutti gli abitanti di Campiglia e delle Campagne, attendevano le feste che segnavano i momenti più importanti dell'anno. Oltre alle festività Religiose vi erano quelle contraddistinte da eventi particolari. In certe occasioni si lasciava il lavoro per partecipare alle funzioni, ai banchetti ed ai festeggiamenti; si tenevano fiere, occasione d'incontro e di svago, allietate da musici e giocolieri. Vi convenivano anche mercanti di luoghi lontani per acquistare e vendere merci. il Calendimaggio coincideva con l'arrivo in Campiglia del Capitano di Giustizia giunto da Firenze per riscuotere, ingiustamente, ma cosa normale per quei tempi, i tributi dal popolo Campigliese…"
La prima manifestazione ebbe origine nel 1974. Assessore alla Cultura del Comune di Campiglia Marittima era il noto storico locale Gianfranco Benedettini. La Giunta aveva concordato un programma di interventi per riqualificare e ristrutturare il Centro Storico consistente in:
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Ristrutturazione del Palazzo Comunale.
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Ristrutturazione del Palazzo Pretorio.
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Riapertura della Porta del Rivellino chiusa in un giardino privato.
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Acquisizione al patrimonio comunale del Teatro dei Concordi.
Sul piano culturale ci si mosse in queste direzioni:
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Riscoperta dell’ antica biblioteca e apertura di una nuova.
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Organizzazione di una mostra fotografica su “Campiglia com’era”.
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Ristampa anastatica del libro di Isidoro Falchi “Trattenimenti popolari sulla storia della Maremma e specialmente di Campiglia”.
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Ristampa anastatica del libro di Leopoldo Barboni “Col Carducci in Maremma”.
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Formazione di un archivio storico/didattico.
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Indagine sulla ricetta della Schiaccia alla Campigliese.
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Conferenza sulla vita nel/del Centro Storico.
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Coinvolgimento della popolazione che, fin da subito, partecipò curiosa ,attenta e con tanto desiderio di fare qualcosa per la “sua” Campiglia.
Dopo una serie di incontri venne presa la decisione di organizzare un corteo storico e unirvi un avvenimento sportivo, sempre calato nel tempo che fu.
L’assessore Benedettini e l’amico Giovanni Pisaneschi si recarono a Firenze alla Sartoria Teatrale per affittare dei costumi storici. Ce n’erano tantissimi, di tutte le fogge e di ogni epoca ma loro non ne capivano niente. Le sorelle, che gestivano la sartoria, furono prodighe di consigli ma rimasero stupefatte quando gli riferirono che non sapevamo neppure quale periodo storico prendere a riferimento. Genericamente: Medio Evo e Rinascimento. Alla fine vennero affittati una quindicina di costumi.
Lasciarono una caparra di 150.000 lire e tornarono a Campiglia. Le donne, le meravigliose donne di Campiglia, li guardarono, li toccarono, li rivoltarono e dissero in coro: “questi li sappiamo fare anche noi!” Presero le misure dei costumi, a seconda dei proprio gusti e dei figli da vestire. Dopo qualche giorno i vestiti vennero riportati a Firenze e vennero cambiati con i costumi del Capitano, corazza ed elmo, dei soldati di scrota (armigeri), del paggio, oltre che dell’araldo.
In poche settimane furono pronti una sessantina di costumi.
La sera ci si riuniva nella zona dove oggi è sorta la “167” e si facevano le prove. L’assessore Benedettini era il regista. «Andavo a lume di naso» confessa oggi lo storico, «ma facevo che ripetere sempre le stesse cose, per cui furono in molti a credere che me ne intendessi davvero. “Nanni” Pisaneschi sembrava il cane del pastore, “abbaiava” a questo e quello perché desse retta ai miei ordini e gli attori ubbidivano. Al termine di ogni prova gli uomini andavano a bere da Pizzica o nel bar di Piazza; le donne invece tornavano a casa propria».
E così, tra una prova e l’altra, arrivò il giorno dell’evento, una domenica pomeriggio di un bel maggio campigliese. Il Capitano del Popolo, proveniente dalla lontana Florentia, giunse dalla Porta Fiorentina, a cavallo bardato, con la corazza e l’elmo, portamento maestoso, seguito dai suoi soldati anche loro in costume con corazza. Il paggio, con mantello e cappello, teneva il cavallo e lo guidava in Piazza.
Dai 4 rioni (Poggiame, Porticciola, Pozzolungo e Fuori Porta) sopraggiunsero, in corteo, le dame con I loro cavalieri e tutti i figuranti, in costume variopinto ma belli a vedersi. Ogni entrata era accompagnata dall’esibizione dagli sbandieratori e dai tamburi provenienti da Volterra.
La gente assiepava le vie e la Piazza. Si alzava solo un brusìo, contenuto ma ripieno di ammirazione e di meraviglia. Le donne, artefici di tutto, rimiravano i loro costumi portati con grande dignità da figlie e figli.
«Nanni Pisaneschi» continua lo storico «lanciò un ultimo ringhio contro un giovanotto che non si era tolto l’ orologio dal polso. Tutto andò bene. Dal terrazzo del palazzo centrale della Piazza, io, seduto dietro il drappo, davo i tempi dei movimenti all’araldo, che li annunciava con voce stentorea. Era il dottor Ghizzani, allora studente di medicina. Fu lui a leggere il bando di saluto al Capitano del Popolo. Il discorso si fondava sull’ assunto: “…ciò che era la Maremma tutta, era la comunità di Campiglia…”. L’ avevo scritto riprendendo qua e là documenti riportati da Isidoro Falchi e attualizzandoli. Eravamo al tempo degli studi preparatori dei Piani Coordinati della Val di Cornia e volevo far conoscere alla popolazione i contenuti più importanti. Li avevo inseriti in un quadro storico: dal 1550 al 1865». Fu un clamoroso successo: corteo, messaggio, arrivo del Capitano.
Per il palio storico dei rioni, la gara in onore del Capitano, per l’assegnazione dell’ambito trofeo, venne deciso per una corsa da tenersi nel bel mezzo del paese. Scartata l’idea della corsa dei cavalli, ritenuta troppo pericolosa, si decise per una staffetta fra i quattro rioni. In palio un dipinto di Daniele Toncelli, ormai affermato pittore venturinese, cucito su un vessillo «Pronti? Via. Appena un sospiro di sollievo e il primo era già arrivato. Anche loro in costume. Di quale periodo di preciso? Non saprei dire ma, di certo, le donne campigliesi avevano cucito abiti di gran foggia e nessuno si curò dell’appartenenza ad un periodo storico certo. Erano, semplicemente, costumi d’epoca molto belli, fatti dalle donne campigliesi e tanto bastava».
Così è andata. Negli anni successivi, fino ad oggi, tanti personaggi campigliesi si sono succeduti come “Capitani del Popolo”, e tante cose sono cambiate.
Campilia Medievale (così oggi prende il nome l’iniziativa che raccoglie il Palio Storico dei Rioni e la Sfilata Storica) in principio si svolgeva una domenica pomeriggio di Maggio (Calendimaggio o Maggio Campigliese - festa di Primavera) e, come detto, si usava far coincidere con l'arrivo a Campiglia del Capitano di Giustizia da Firenze per riscuotere i tributi dal popolo Campigliese.
Da qualche anno la rievocazione dell’arrivo del Capitano con la sfilata e del Palio dei Rioni è stata spostata al primo/secondo fine settimana di Luglio, in notturna, per favorirne la buona riuscita (Palio dei Rioni presso il parco della Rocca; Sfilata storica e rievocazione dell’arrivo del Capitano presso Piazza della Repubblica, in pieno centro storico).
Fin dal tardo pomeriggio per il Paese si sviluppano scene di vita quotidiana con personaggi in costume d'epoca: bambini che giocavano con la palla di "cencio", armigeri che presidiano gli accessi e che, in momenti di riposo, usano passare il proprio tempo a disputare il classico gioco del filetto (i resti del gioco in questione sono stati rinvenuti negli scavi della Rocca di San Silvestro). Popolani che esplicano lavori di ogni genere dalla pastaia, alla formaggiara, dall'erbaria al cialdaio che trovano il giusto collocamento in una piazza (detta del Mercato) unica nel suo genere.
Per le suggestive vie del Centro Storico, si puo' assistere a tutta una serie di lavorazioni artigianali; e si possono apprezzare le antiche arti che ci portano indietro nel tempo; per riscoprire vecchi mestieri dimenticati.
Per tanti anni, dopo l’inizio con la corsa a piedi, il tradizionale Palio è stato aggiudicato tramite due gare:
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Tiro con l'arco disputata dagli "Arcieri del Drago".
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Giostra degli anelli con i cavalli montati dai "Cavalieri di San Fiorenzo".
Arcieri e cavalieri, per l'occasione, rappresentano i quattro Rioni: Rocca, Fori Porta, Poggiame, Paese Novo.
Da alcuni anni, per una questione di sicurezza, la giostra con I cavalli non viene più fatta ed il Palio viene assegnato soltanto con la gara di tiro con l’arco. I cavalieri di San Fiorenzo, con I loro fidi destrieri, si limitano a sfilare fieri alla Rocca e nella Piazza centrale, richiamata al silenzio dall’araldo.
La Sfilata e il Palio hanno visto cambiamenti importanti, hanno sopportato piccoli e grandi modifiche, spostamenti di data, e location differenti. Hanno passato momenti di splendore e momenti di decadenza, per poi rinascere la volta successiva ancora migliori. Ci sono stati anni in cui addirittura non si è fatto nulla, ma alla fine di quelle stagioni si percepiva come qualcosa di importante fosse venuto a mancare.
E’ la rievocazione di tempi che furono davvero, romanzata e rivisitata. Ma è pure una rievocazione nella rievocazione. Quella della storia recente, di coloro che l’anno creata, che l’hanno migliorata, che l’hanno ripresa. La rievocazione dell’amore e dell’impegno di tutti quanti ci hanno lavorato sodo, o che hanno dato solo un piccolissimo contributo. E’ soprattutto la memoria di coloro che oggi non ci sono più, ma che nella rievocazione di quello che hanno costruito vivranno per sempre.
Ed è per questo che alla fine è sempre sopravvissuta ad ogni scossone e cambiamento, e deve sopravvivere per sempre!
